Sempre più spesso tra i maker e nelle comunità di stampa 3D si presenta una domanda: Quale materiale 3D è adatto al contatto con alimenti? Posso usare i miei oggetti stampati in 3D in cucina? Oppure… di che materiale posso stampare una bottiglia? Un bicchiere? Uno stampo per biscotti?

La risposta a questa domanda è molto più complessa e controversa di quanto potremmo pensare senza una approfondita analisi. Perchè questa domanda non ha una risposta univoca ma molte, e molto diverse tra loro in base alle 6 domande fondamentali: Dove? Come? Cosa? Quando? Chi? Perchè?  E… no.. non vi sto prendendo per i fondelli, seguitemi in questa mia piccola analisi e capirete il perchè di questa differenziazione.

DOVE

La prima domanda da rispondere è: Dove siamo? Stiamo parlando del mondo ideale o del nostro? Nel mondo ideale nessun tipo di plastica dovrebbe mai entrare in contatto con gli alimenti. Per nessuna ragione. Sia essa il più green/eco/super PLA, passando per il PET e finendo all’ABS della peggior specie. A questo punto non vorrei essere preso per pazzo, per cui mi permetto di scendere un pochino più a fondo nella questione, con quei (pochi) dati che oggi disponiamo. Cominciando dalla normativa.

Normativa

La compatibilità delle materie plastiche è sancita dal REGOLAMENTO (UE) N. 10/2011 DELLA COMMISSIONE del 14 gennaio 2011. e individua una serie di materie plastiche che possono entrare a contatto con gli alimenti e ne definisce le quantità di migrazione delle componenti chimiche al loro interno.
Per quanto restrittivo questo regolamento ha diverse falle, in primis l’essere datato, 5 anni nella ricerca sono un mare di tempo, secondariamente non tiene conto degli additivi e dei coloranti che rimanda a specifica normativa di ogni stato membro. E qui già si capisce che il luogo di produzione della plastica (a cui non si può sempre risalire) già determina la tossicità del materiale.
Sfortunatamente però questa è solo la punta dell’Iceberg. 

Esattamente come per il fumo si sono dovute combattere vere e proprie guerre prima che i produttori ammettessero la tossicitá dei loro prodotti, e nonostante oggi sia dato per assodato che fumare nuoce alla salute la produzione e distribuzione continua. Per tutte le sostanze tossiche bioaccumulabili e non metabolizzabili che hanno un basso livello di tossicitá acuta é difficile dimostrare gli effetti istantaneamente, e vanno condotto studi sul lungo periodo e su una quantità significativa di individui.

Quello che sappiamo

Tutte le plastiche hanno una serie di additivi, composti chimici che servono per rendere la plastica più morbida, resistente, indurenti, plastificanti e ritardanti di fiamma. Queste sostanze però vengono anche cedute all’ambiente in particolari circostanze e funzionano come interferenti endocrini. Un interferente endocrino è una sostanza che penetra all’interno di un organismo e va a occupare i siti destinati ad alcuni ormoni, in sostanza riducendo la possibilità di risposta  dell’organismo a dati stimoli. Tutto questo è associato all’insorgere di gravi patologie.

Come avviene il rilascio

Il rilascio di ftalati, BPA e PBB da parte dei contenitori plastici e delle pellicole per alimenti è favorito dalla presenza di grassi, sia animali (burro, formaggio ecc.) che vegetali (olio, crema di mandorle, avocado ecc.) e alcol. Anche le alte temperature (il caffè della macchinetta) e l’acidità (come nel caso di salsa di pomodoro o acqua frizzante) sembrano favorire la destrutturazione delle materie plastiche.
Gli ftalati,PBA e PBB vengono subito riconosciuti dall’organismo come dannosi, e non essendo possibile metabolizzarli ed espellerli, come meccanismo di difesa, vengono depositati nel tessuto adiposo (grasso). Questo rappresenta un problema poichè vengono rilasciati in grandi quantità durante i periodi di dimagramento (Ecco la scusa che aspettavate per non mettervi a dieta!).

Le sostanze nocive rilasciate dalla plastica

Dopo averne parlato eccovi una breve descrizione dei più noti e conosciuti additivi della plastica:

BPA 

Bisfenolo A o BPA è un composto chimico usato da oltre 40 anni nella produzione di plastiche per il contatto alimentare (biberon, piatti, tazze, caraffe, stoviglie adatte al microonde e recipienti vari) è anche usato in plastiche che rivestono internamente lattine e scatole metalliche.  Pur essendo un interferente endocrino , la cui presenza in alte dosi è stata collegata a una serie di gravi problemi di salute, nel 2006 l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare aveva stabilito in 0,05 mg/l il limite di migrazione per un esposizione sicura gornaliera per kg di peso, anche per i neonati. Nuovi studi hanno però portato alla totale messa al bando di questo composto nel 2011 per la fabbricazione di biberon (solo biberon).

Il Dipartimento della Salute Americano rilascia queste indicazioni:

  • Scartare contenitori contenenti BPA che abbiano graffi, anche minimi, poichè la cessione aumenta in maniera considerevole.
  • Non scaldare o mettere a contatto i contenitori di plastica con cibi e bevande caldi, poichè il rilascio è amplificato (alla faccia dei biberon bollenti che ci siamo ciucciati da infanti)

Tra le principali patologie associate all’assunzione di BPA abbiamo:

  • Disturbi di apprendimento e comportamentali
  • Abbassamento del sistema immunitario
  • Pubertà precoce femminile e problemi di fertilità
  • Diminuzione del numero di spermatozoi
  • Cancro agli apparati riproduttivi

Ftalati

 Gli ftalati sono ampiamente utilizzati nella produzione della plastica grazie al loro potere plastificante. In realtà sono onnipresenti (smalto per unghie, shampoo, vernici ecc..). Sono stati diffusi così tanto nel secolo scorso che sono praticamente onnipresenti, compresi negli alimenti di origine animale (burro, pollame, latte, carne in genere, ovviamente più presenti nei grassi).

Gli ftalati sono sostanze chimiche che interferiscono il sistema endocrino e sono state collegate ad una vasta gamma di effetti sullo sviluppo e riproduttivi, tra cui:

  • Ridotto numero di spermatozoi
  • Atrofia testicolare o anomalia strutturale
  • Cancro al fegato
  • Diabete di tipo 2
  • Inoltre, in nuovi esperimenti, gli ftalati si sono visti responsabili di una patologia che colpisce lo sviluppo nella prole di sesso maschile, che porta a criptorchidismo (tardiva o non discesa dei testicoli) alla nascita e tumori ai testicoli più tardi nella vita.

PBB

 I ritardanti di fiamma bromurati sono composti usati per evitare o ritardare l’estendersi di fiamme in caso di incendio. Questa sigla indica 5 gruppi distinti di componenti chimici, e nonostante la maggioranza siano state messe al bando (almeno in Europa) per il TBBP-A le produzioni sono tuttora in aumento. Anche questi composti oltre che trovarsi nella plastica sono onnipresenti, e ormai sono entrati a pieno titolo nella catena alimentare. Proprio per questo motivo l’UE ha chiesto agli stati membri uno screening sulle popolazioni per valutare quantità di questi composti nei nostri organismi. Terminati i primi studi hanno rilevato la presenza di questi ritardanti di fiamma nel sangue degli esaminati, anche se mediamente 10 volte inferiori alle concentrazioni riscontrate nei cittadini Americani. 

Generalmente i ritardanti di fiamma bromurati presentano tossicità acuta piuttosto bassa, è necessario cioè essere esposti ad alte concentrazioni per subire conseguenze patologiche immediate. Nonostante questo un’esposizione prolungata a questi tossici può portare a:

  • Non corretto sviluppo cerebrale nel feto
  • Non corretto sviluppo del feto
  • Interferenza con ormoni tiroidei
  • Insorgenza di tumori

Finita la breve parentesi scientifica torniamo al nostro Dove. Dopo aver detto che nel mondo ideale non dobbiamo mettere la plastica a contatto con gli alimenti passiamo a valutare il nostro. Nel nostro mondo è facilissimo, anzi sicuro, trovare alimenti venduti in confezioni di plastica. Il burro, i formaggi, gli ortaggi sono comunemente già contaminati. E il nostro uso non consapevole amplifica il tutto! Dobbiamo far scaldare la verdura bollita nel microonde? Perchè non usare una bella ciotola in plastica? Oppure una scatoletta di tonno all’olio di oliva conservata nella scatola rivestita di Bisfenolo A? Meglio di no! Allora facciamoci una bistecchina nella padella antiaderente di pietra. La padella “look pietra” a dire la verità, la pietra no l’ha mai vista! E cos’è allora?? Semplice…plastica, che noi stiamo scaldando.

In un mondo come questo vi preoccupate se usare della plastica stampata da voi a contatto con gli alimenti?? Se la risposta a questa domanda è si almeno leggete il “come“.

COME

Se volete comunque usare la plastica a contatto con gli alimenti, stampata o no, dovete prestare attenzione a qualche regola.
Innanzitutto bisogna tenere presente che anche il PET alimentare nuovo e amorfo (quello delle bottiglie d’acqua per capirci), considerata una delle plastiche più sicure, è raccomandato per essere utilizzato una sola volta! I produttori stessi sconsigliano di riutilizzare la stessa bottiglia e riempirla nuovamente, poichè con l’invecchiamento tende a rilasciare sostanze (quelle di cui abbiamo parlato prima).  Stesso discorso per quelle che hanno preso una “botta di caldo”(come sappiamo il calore aiuta).  Il calore e il contatto con acidi, grassi e acqua destrutturano le materie plastiche quindi per cercare di capire il come diciamo:  Almeno a freddo. Cerchiamo di mettere a contatto il cibo e la plastica in generale a freddo, e per il minor tempo possibile! Cerchiamo di seguire i consigli del Ministero della Salute Americano:

  • Scartare contenitori contenenti palesemente rovinati che abbiano graffi, o consumati, poichè la cessione di sostanze tossiche aumenta in maniera considerevole.
  • Non scaldare o mettere a contatto i contenitori di plastica con cibi e bevande caldi, a queste condizioni il rilascio è amplificato.

COSA (Materiali per la stampa 3D)

Cosa possiamo usare? Ancora siamo intenzionati a creare qualcosa che vada a contatto con gli alimenti, cosa scegliere? Se per assurdo rispettando quanto detto fino ad ora,  vogliamo creare una formina per biscotti perchè: si può usare a freddo e resta a contatto con gli alimenti per un tempo brevissimo. Quale materiale possiamo scegliere?
Possiamo dire che iniziare scegliendo un materiale certificato per il contatto alimentare è un buon inizio, anche se sappiamo che sicuramente conterrà tutte  le sostanze chimiche (tranne il BPA) analizzate prima,  se siamo fortunati ne avrà poche altre. Probabilmente la certificazione ha obbligato il produttore a usare dei coloranti o addensanti che rispettano le leggi (almeno del tempo e del luogo di produzione).

Le migliori soluzioni sono il PLA di origine nota , prodotto da ditte che lavorano in determinati paesi che sono tenuti al rispetto di leggi igienico-ambientali stringenti.
L’essere biodegradabile però fa si che rilasci le sostanze che lo compongono molto velocemente e quindi in quantità maggiore per unità di tempo in particolari circostanze.
Per questo motivo il PLA a contatto con alimenti, a maggior ragione se liquidi, grassi, acidi, alcolici, e  ad alte temperature dovrebbe essere usato una sola volta e poi compostato.

Un’altra soluzione è il PETG, meglio se certificato per uso alimentare. La certificazione alimentare prova che è un PETG nuovo, ovvero con una percentuale di plastica riciclata all’interno inferiore al 50%. Questo dato è importante perchè le plastiche del “passato” potrebbero trascinare con loro prodotti tossici o arrivare da Paesi con legislazioni differenti.
Anche in questo caso, come succede per le bottiglie dell’acqua, dovrebbe essere usato una sola volta.

Per assurdo un discorso simile vale per l’ABS, che risulta emettere fumi tossici durante l’estrusione ma con tutta probabilità ha lo stesso tasso di cessione di particelle chimiche tossiche del PETG una volta estruso, oltre ad avere la stessa resistenza ad acidi, grassi e temperature.

QUANDO

“Un po’ di tosse? Fumati una bella sigaretta che disinfetta”. Questo si diceva i primi del novecento, prima che studi medici dimostrassero come i pochi effetti positivi del fumo vengano subissati dal mare di patologie che porta questo vizio. Con tutta probabilità la nostra epoca sarà l’equivalente per la plastica. Plastica dappertutto. In questo mare di plastica é praticamente impossibile non entrare in contatto con questo materiale. Quindi cercare di evitarlo, almeno a tavola, sarebbe cosa buona!

E con questo arriviamo al chi.

CHI

Sei un adulto sano, con dei figli? Non hai in progetto di averne altri? Allora probabilmente non sará il caffè alla macchinetta o la bistecchina nella padella antiaderente ad ucciderti, o almeno non prima di quanto fará il colesterolo della carne.

Discorso cambia radicalmente se si parla di donne in gravidanza, bambini nella fase di sviluppo o lattanti. Nei casi elencati, con l’inclusione di coppie che desiderano avere figli, mi sento di sconsigliare  di entrare a contatto con plastica, o comunque tentare di evitarla il più possibile, sia essa a contatto con alimenti, nei vestiti, ed in generale nella vita di tutti i giorni. Pensate che si trovanoi PBB (i ritardanti di fiamma) anche nei cuscini e nei materassi con cui trascorriamo 1/3 della nostra vita! Come già ho detto precedentemente la presenza degli interferenti endocrini può essere cruciale nelle fasi di sviluppo del feto e del neonato, quindi sia nel caso di future mamme che bebè, è meglio orientarsi verso contenitori in vetro, e dimenticarsi per un po’ delle plastiche.

PERCHE’

Il perché  é il vero interrogativo, perché visto che sappiamo tutte queste cose la plastica é ancora così presente nella nostra alimentazione? Perchè dopo tutto quello che avete letto volete ancora usare la plastica a contatto con alimenti? Non si può rinunciare ai biscotti a forma di albero di Natale! O a Pupazzo di neve! Oppure a fare il brindisi di Capodanno in un bicchiere stampato da voi stessi! Bene allora fatelo. Se vi fa sentire più al sicuro non utilizzate l’ABS ma solo filamenti certificati per il contatto alimentare. Sappiate però che le differenze sono minime. E sono solo alcune tra le molteplici variabili che ancora non conosciamo.

Riassunto

Tutto questo interminabile articolo si può riassumere in un’unica regola di vita: Cerchiamo di non far entrare in contatto plastica e alimenti, ma se proprio dobbiamo/vogliamo farlo, almeno utilizziamo plastiche non rovinate e cambiamole spesso, ma soprattutto non utilizziamola per contenere bevande e cibi caldi!